Riempio di fiele i polmoni miei
affinché cantino lo strazio del ciarlatano cuore.
"Sia sempre lodato!"
- sempre che ne si abbia uno
da spremere; e cogliere i frutti proibiti.
Di me non si ricorderà la voce - solo echi giaciuti
accanto a memorie dal viso screpolato
come il sole a mezzogiorno.
"Sia sempre lodato!
L'infame,
sacrilegio,
benedetto distillato di veleni puri
e ricchezze senza banche!"
E tesso lodi a chi non può leggerle, a chi ha visto, odorato il vecchio, ombra del nuovo - miseria! Gridarono, caricando le armi. A te, o miseria, io invoco solenne giuramento! Rivestita d'oro massiccio come i maiali sul trono di Pietro!
Ricucire risentire riascoltare
il silenzio dei cuori partiti.
Questo viaggio ci brucerà.
Questo amore è sacro e condannato, poiché vedo nel mio volto i tuoi occhi,
amore mio,
e qui s'inganna perfino la follia, ché ha diritto alla venerabile nomina... Sua Santità!
"Avete mai perso il controllo? O non lo avete mai avuto, mia signora?"
Eppure, il cielo in sordina aspetta colonne di fuoco; io stessa attendo, fragorosa nei miei silenzi attutiti dal calcio delle bestie erranti (vi chiamavano uomini, miei signori!), sacra e blasfema, con corone di spilli roventi, spine fiorite, chiodi rugginosi... è forse è solo questo a cui aspiriamo...
Eppure, i tuoni spezzano le nuvole: la pioggia - ed io, morente su questo letto d'aghi, ritrovo la fiamma mai perduta,
mai dimenticata, mai ripudiata, mai, che mi riporta alla vita.
"Lo scandalo di amarti fin dove è possibile e oltre. L'essenza della mia anima nella tua anima. La mia vita nel tuo nome. Per te; in te; con te sempre."
- guardate questo rovo di sordo amore dove arriva... giunge al cielo.
Piove, sui tetti del mondo aperto. E non c'è serratura che tenga, per il frastuono che il mio cuore suona, sbattendo e mulinando disperazione; ma apro divorante di luce il mio cuore: ora serrature non ci saranno più.
Sfondalo, amalo, governalo, guidalo.
Scrivilo tu il mio cuore, amore mio.
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