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lunedì 11 giugno 2012

avanti.

Lascio che sia questo vento a ricoprirmi,
queste ore spezzate, frammentate da un respiro
gravido di domande e risposte morte sotto un tramonto
che immagino,
verso il mattino, con la gola, una cernita di sangue rappreso e fremente-
e la luce mi inonda, sento i rumori della terra vivere, consumarsi; con me, una candela e degli ansiti, fremiti, palpitazioni offuscate dalle fiamme...

Il cielo è una farfalla che cade
dal gioco della vita negli occhi umani
quando si guardano, sentono le benedizioni,
le preghiere, la voce, i leggeri addii... alcune montagne ricoperte di neve... voglio scrivere tutto il giorno.

Gli attimi si rincorrono, per qualche minuto. Inciampo nei pensieri. Nelle stelle più grandi sbattendoci fronte e naso. Nel dolore che è cullato da canzoni.

Le persone non sanno da che parte girarsi,
annusano solo l’istinto, le gestualità condivise,
le repressioni violente, le corone di spine simboliche sulla testa... non si è mai ebbri di vita, mai troppo, mai abbastanza.

E sono dispersa in lande che non conosco,
sabbia e oro nei miei occhi, asciutti,
con un mondo perfetto da raggiungere,
una terra promessa dai colori indefiniti, smeraldini,
tastati dalla nebbia... vorrei lasciarmi cadere piano tra gli alberi e chiudere gli occhi addormentandomi... in fondo all’anima.
Sogno la libertà delle persone.

Sono foglia caduta e macinata dal vento,
per farsi albero.

La mia preghiera è sempre stata per voi.
Per voi.


Anche adesso che cammino con i piedi affondati nella sabbia,
gelo e tachicardia,
senza un senso, con tre fili rossi di raso fra le dita,
che ondeggiano piano, con lacrime che lascio cadere -
potrebbero racchiudere in loro l’essenza stessa
dello stesso vento che me le toglie dalle ciglia.

La stessa morbida consistenza su cui cammino e arranco.
E le ombre mi passano avanti... senza degnarmi di uno sguardo... dopo avermi fatta cadere a terra.

Dopo avermi fatta piegare in due dal dolore, dalla
disperazione, le ombre ti succhiano la linfa vitale,
come la luna.

I tre fili rossi si spargono nell’aria... come fiocchi di neve... cercando una via che troveranno solo nel cielo.

Come qualcosa o qualcuno di tanto tempo fa e mai sparito.
Come qualcuno che ha l’amore sulle labbra.

La sabbia mi preme a terra, sfiorandomi le vesti, le gambe,
il viso, appiccicandosi - non è altro che un allungamento di me, di queste sciocche parole, di questa pressione alla testa che sento e gli occhi mi si chiudono... una sola candela accesa... e il mondo respira.

Continua a respirare, anche quando lo ammazzano.

Non si muore mai.

Avanti... avanti... avanti... un richiamo che parte dal centro dell’universo, diramandosi negli spifferi che ho nello sguardo,
ora alto,
verso il cielo... avanti...


Avanzo.
Non ho nulla, tranne tutti i sogni di questo mondo.
Tre diverse ombre mi sono accanto
ma loro respirano assieme al mondo
e tracciano sentieri di brividi sulla mia schiena,
cantan gli uccellini, il sole che bagna gli alberi,
 voci che sento e strade, lunghe e piccole, portano ovunque ed in nessun luogo, avanti...
avanti... guardo una porta e vomito... ci sono mani che battono tamburi di non molto tempo fa, assieme ad un’eco indistinguibile,  non vedo nulla... avanti...
non devo necessariamente vedere, io voglio sentire, annusare, percepire, avanti; avanzo, fino alla fine del tempo - che continua a coronarsi di spine, atrocemente vecchio.

Si narra la leggenda
di una poetessa annegata in un pozzo
la mia testa un foglio di sussurro che piego
e metto via, per un po’...

... lenzuola bianche sul mio viso, tra la sabbia...
.... accendo altre due candele...
... energia, materiale da arrivare a prendere a due mani...

La nebbia diventa erba; il nulla, una foresta pregna di voci; il mio respiro, una canzone.

Corro.
Senza potermi fermare scontrandomi con la natura
con l’aria, è questa la vita,
tutto il resto è un passaggio, una pagina della mia vita,
marrone e verde e fuoco.

Lei cadde con i suoi scritti, i suoi figli la seguirono in silenzio, mentre le sue urla straziavano un secondo pietre, stelle che brillavano, cieli scuri su cui danzavano nebbie
di diversi colori e fiori
dai petali profumati.

... ancora silenzio.
E un abbraccio capace di sfondare le barriere del sanguinante tempo antico.

... poi era il sei gennaio...
non capisco nemmeno me stessa
e allora chiudo gli occhi, voglio scrivere tutto il giorno, voglio scrivere tutto il giorno, tre candele accese e un pozzo di fronte la mia corsa senza fiato.

Fiori lo circondano, un velo di colore in mezzo al silenzio
delle cose, perfino dell’anima, avanti... avanti... i miei piedi che affondano ora nella pioggia che cade,
crollata nell’erba che respiro, re imparando a farlo.

Tendo una mano; le fiamme delle candele bruciano, fiamma più densa, grande, ovale, un buco, una scintilla, non lo so; una lancia di fuoco sul mio viso, come andrà sempre.

Il pozzo è un comune pozzo.
Senza niente, a parte i fiori di ogni tipo, specchiati
nella leggera nebbia che prende ad infittirsi.
Ne sfioro il contorno con un dito, sporcandomi di nero e grigio.

Andrà come andrà
il fuoco brucerà sempre.

E cado, sì, ma accanto al pozzo appoggiandovi la schiena,
la pioggia sulla testa,
sulle mani,
le fiamme che non si spengono....

Una promessa risuonerà per sempre in te.” Dice una voce familiare, e mi giro verso la mia destra.

Mio figlio è lì.
Alto, muscoloso, il contrasto della sua casacca lunga, bianca, sulla sua pelle...

Si siede accanto a me
afferrandomi le mani
e la pioggia smette di cadere ed infrangersi.

Lo so.

Senza sapere, so.


Mi appoggio a lui chiudendo gli occhi e le voci
della foresta e del pozzo
che gorgoglia alcune risate, alcuni odori che io conosco,
raggiungono il cielo.

Intreccio le nostre dita, guardandole.
Gliele alzo, cielo asciutto, erba fresca,
pietra dura contro schiene che han visto storie diverse ma le stesse emozioni, dentro, conficcate a fondo - lui ride,  io serro gli occhi e mi poggio quella sua grande,
 affusolata mano che stringo
sulla testa.

Conall mi accarezza i capelli, distendendo le gambe,
il suo lino si sta aprendo al bianco divorante che sbrana qualsiasi altro colore, e adesso sento che tutti i mondi
che conosco si allacciano, abbracciandosi, dita calde... e dei fiori crollano dal cielo.

Lo guardo negli occhi.
Lo riconosco.
Lo amo.

E sorrido, lasciandomi coccolare,
lui ha il mio cuore tra le mani.

“Non c’è niente di più reale che te.”


... Figlio mio...
... mentre i fiori ci stringono e cadono addosso...
... profumi di oriente, di spiagge, di fronde silenziosi di sequoie, di misteri e magia...
... le sue carezze
 tra i capelli e tutte le parole del mondo vane.

Hai le corde del mio cuore,
suonale,
fa’ che io sia canzone eterna
in grado di ritrovarti sempre.


Come il fuoco
bruciami sempre più.

Stringimi sempre più forte.

Glicine margherite
primule loto ginestre.

Il mondo canta, vibrando.
Mio figlio mi stringe.


Fa che io sia canzone...
... per rispondere alla melodia
con cui il tuo cuore batte.


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