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lunedì 7 novembre 2011

pensieri4

In questo luogo che non sta né qua né là si frantumano tra le labbra mute parole, riconoscenti o meno, che riescono a scalfire il concetto di casa.

la casa del niente e del nessuno, delle percezioni dovute a qualche strano sorriso, della melanconia, delle fiabe crude - spezzettate sotto le fauci dell’uomo -, dell’abbandonarsi a chi, a cosa.

perché?

eppure le mie candele continuano a bruciare. e bruciare. e bruciare.

(ed il volume della mia poesia si alza spaccandomi la testa; vedo, vedo)

mille pezzetti di luna si sfaldano dal cielo, colpendomi la fronte.

il mio occhio sano che nutre ed osserva.

[sogno di mescolarmi tra colori brillanti, vivi; sogno di decorare con fiori tombe piene di polvere; sogno di viaggiare, disperdermi tra le mani delle persone; sogno il Giappone, l’India, Avalon; sogno la poesia, la poesia che dona e toglie; sogno di immergermi in sorrisi che lasciano il sapore della terra in bocca; sogno pietre preziose, la luna; sogno i miei figli guardando il mio riflesso allo specchio]

sogno di percorrere milioni di vite ancora il cammino che mi porterà alla scrittura.

ed ancora e ancora, per sempre.

sogno di sognare la vita per ciò che è.

(sogno di baciare il mio destino)

la mia testa diventa leggera, leggerissima - la sensazione di poter osservare le mie mani che sfiorano le parole è la più grande forza che ho.

è l’unica cosa importante.

come spiegare l’immenso, l’amore profondo?
come?

8 novembre 2011, 0:30

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