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sabato 13 agosto 2011

ancora.

11 agosto 2011


piovono fiori marci dalle nuvole gonfie d’aspettativa
traccio con le mie mani il mio futuro.

altro, non posso fare. altro è una lama fredda e scura, che ingoia ciò che io respiro, annegando.

ritrovando e perdendo.

scrivere è la mia vita.


sono uno sbaglio crollante dalle tempie di dio - pensandomi, mi ha scaricato subito - senza dirmi nulla.

ha bocche divoratrici, cariche di luce. ferma attendo.

la mia condanna e salvezza - fogli che stropiccio sudata ed implorante, calda ed accogliente (il mio ventre così gonfio) sono tutto ciò che prima di morire stringerò.

perdermi e trovarmi, conoscermi.


mille ombre e pieghe nel volto inafferrabile della luna... dove io trovo nient’altro che calore.

è normale?

sono normale?

voglio scottarmi, le mille candele accese sfiorite -- collassando dai miei occhi, occhiaie che pizzico nel sole.

amore.

mi scaraventa su fardelli immensi e lì m’abbandona - e tastandomi la faccia, io vedo Conall e tanta nebbia.

capirò.

donna, tu colori i miei scavi della mente bui. e quando riemergo dal nulla, la tua mano è lì.

donna o dea, possa tu essere qualsiasi cosa... non importa - vedrò soltanto calore, un pozzo (aggrappato a mille fiori dai petali scuri e schiusi), la vita.

vita.

scrittura - fine, stop.


solo luce che inietta un siero di candore opaco, che brilla ininterrottamente nelle mie vene.

drogata di lei.
drogata, persa, chiusa, raggomitolata.

la scrittura è il mio dio.

uomo nero sui grovigli della mia anima - e lo soffoco, vedo la sua vita schiudersi tra le mie dita feroci, sangue raffermo e deturpato, dove corrono le insaziabili dimore degli sbagli.

l’uomo nero è morto soffocato da aure stellari.
divenuto bianco senza che se ne accorgesse, una “O” perfetta la sua bocca - fremente, non voleva morire eppure... l’ho spezzata.

definitivamente.
convulsamente.

oh... cosa scriverò domani? in che posti andrò?

la falce risplende nel cielo, ma la morte ha preso il volo
accucciata nascosta dalla terra, radici scomposte a coprirle il volto bianco spettrale.

la luna accartoccia i suoi pensieri - e la fa vivere.

la morte respira, la vita muore.

i concetti si ribaltano spesso - ma scrivere rimane comunque la comunione con tutto, per me.


“il pozzo il pozzo.
il pozzo ti dirà qualcosa.
qualcosa di proibito, come la morte stessa.
qualcosa di oscuro che risplende.
i fogli, l’inchiostro... tutto quanto andrà al proprio posto,
mattine inesplorate, in ogni dove ce ne sia bisogno.
il pozzo sussurrerà e raccoglierà i cocci.
di chi ero, chi sarò.”

io so.


annegata con fogli e parole.

la morte più dolce che ci sia - io ad afferrare i fogli, aspettando la vita, mentre il buio mi risucchiava via.

mi chiedo solo perché le mie mani tremino adesso.

la vita disegna specchi sui muri della mia stanza.
mi guardo.

il verde accecante d’un attimo, le fughe.
mio figlio.
una penna, scritte nere, un fiore.


non vedo un volto, vedo e basta.

la luna farà il bagno dentro al pozzo, rilassandosi dopo una giornata pesante.
fumerà e si diletterà a cantare - opaca e silenziosa sfumerà il suo essere madre in fiori pericolosi e se ne prenderà cura.


(una ragazzina scriveva, ricurva su sé stessa - un braccio devastato di sangue)

passato presente futuro, che importa?

scrivo - e la perdizione, l’annullamento... ah, sono io.
penso di chiamarmi anna.

che nome buffo, si legge al contrario. è sempre così.
non cambierà mai - come me.

è tutto così spontaneo che mi fa girare la testa.
tutto tutto tutto e niente---tutto.

il lupo bianco, guerriero protettore, d’altri tempi, mi morde e fissandomi con i suoi occhi dorati mi fa vedere.
il futuro presente e passato, veggente di un tempo logoro e sbiadito.
Fionnlagh...


nomi, volti. mani.

io li conosco. loro conoscono me.

io li ho già visti.
loro han già visto me.

loro... mi aspettavano.
aspettavano me.

Ancora.




le candele si sono incastrate nei propri spazi.
maledizione.

come farò a toglierle e farle brillare?

... forse sto scivolando...

nella vita ora - ora che sto scrivendo...
rinascerò, molto probabilmente - ho così tanto da scrivere; una sola vita non basterebbe.

l’altra avrà pensato la stessa cosa, lasciandomi traboccante di un amore colmo di fiori e lune.


diventerò pazza, tutto questo non è umanamente accettabile.

Conall scoppia a ridere e getta la testa all’indietro, le mani scure sul proprio addome.

----lupastro impudente, dovrei metterti in castigo---



ecco, sono una puttana della scrittura.
mi usa, sfrutta le mie mani e la mia anima ed io la lascio fare amandola, bambola di pezza resa vuota per accoglierla dentro di me - la venero.

oh dio, adoro essere una puttana a questo punto.


in salute e in malattia finché morte... prima di tornare.
tornerò sempre, amor mio.




bruciami fino a farmi godere e trapassami l’anima con gelidi spilli, cosicché io mi senta viva... scrivere fino alla nausea, fino ad avere le mani che tremano per l’emozione, la testa leggera e priva di pensieri.

sono tua.
totalmente.

13:59.

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