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mercoledì 8 giugno 2011

l'inesprimibile

8 giugno 2011, 1:42


e cadrò, rottame d’un era oramai giunta al proprio epilogo, ma solamente mescolata assieme al mio odore, seconda pelle addosso a me--verso terre arcaiche generose di misteri equi per l’umanità (in modo che possa capire) ed a mio figlio Conall---lei continuamente tenuta premuta contro il mio petto, casa di sospiri funesti ed illeggibili.
cadrò e la luna si sfibrerà delle stelle, cedendole al cielo. tremando, mi aggrappo al pensiero che io possa sfuggire alla realtà allontanandola dalla mente; mi scopro a tratti incapace di farlo, poi lei mi sospinge via da qui e posso tornare a respirare. il fumo della mia sigaretta raggiunge strisciando ed intrecciato in sé stesso la mia speranza per domani.
scomparire in lei, perdere la coscienza e cullare la presenza di lei, che è succoso nettare vitale per me.
girovagando tra il legno invecchiato di alberi secolari, con stizza tolgo gli ornamenti che mi rendono Anna.
stanotte, non voglio esserlo. stanotte voglio essere sua e basta.
il mio odore saldamente ancorato sulle mani --- riuscirò a strapparlo via o sarà solo un mio malcelato e tenero istante? la mia testa è vuota, spoglia di boccoli di vita reale. infuso al mio profumo, che mi fa bruciare le mani, Conall frettoloso nella mia lupesca mente, vi è un orologio in legno di quelli vecchi. ne trastullo i secondi tra le dita, giocando a sfuggire da loro, desiderando di bloccare e rinchiudere il tempo solo per me. perdermi in meraviglia, nella consapevolezza che tra poco il mio corpo verrà accolto in spiragli di luce che riflette l’immagine di lei.
in mani che racchiudono l’eternità - la voce non mi uscirebbe neanche se lo volessi, lingua incollata al palato, rigida e carica d’aspettativa di assaporare il suo nome, che tanti ne possiede.
il terreno morbido sotto i miei piedi mi conduce verso uno spazio aperto; scintillando, la rugiada appoggiata sulle foglie mi vibra sul capo, e appoggio le mani sul tronco di uno degli alberi secolari, trattenendo il respiro.
la luce ridisegna ombre meschine sul mio viso, colorandolo di umanità e spaventoso dolore. la paura, gravida, si accinge a deformarmi le labbra in espressioni estranee che hanno il sapore del sangue asciutto.
se solo potessi girovagare in momenti flebili con lei e Conall in ogni secondo della mia esistenza, la mia vita si gonfierebbe di amore lacerando la fittizia impresa della sofferenza di scalfirmi dal mio posto al mondo.
scampando goffamente dalla realtà in modi inutili, m ritrovo a pensare -il tronco ancora ad accarezzarmi il tocco, risvegliando la luce- di non poter fare un simile torto a me stessa, dopotutto.
il vento muove dolcemente le onde positive della mia intimità. con un sospiro, la strada si ricongiunge ai miei passi, e dunque avanzo. ancora---perché ancora le ragnatele del sonno non hanno potere su di lei; e niente è più importante di lei da distogliere da questo la mia armoniosa devozione.
il resto non importa.
un punto centrale della mia testa si fa molle, e molto caldo---e riesco a sentirne gli spasmi inesistenti, minuscoli in ogni parte del corpo, travolgermi e trascinarmi verso il basso, fulcro della terra per scoprirne l’essenza stretta ed incorporarla nelle mie vene.
non posso che perdermi in mondi paralleli ma non per questo meno veritieri---il domani ha un sapore acre addosso, e lei scaccia via tutto ciò che mi scalfisce dalle mie deboli corazze.
il mio cammino, non posso vedere oltre, ha certezze ramificate in punti del cielo sparpagliati. e lo so perché il mio cuore si scioglie completamente solo di fronte a lei, e le corde della mia anima vengono tintinnate suonando premonizioni all’aria.
diverrò un ricordo lontano di chi ha provato ad amarmi.
e nelle voragini della luna troverò il mio perfetto giaciglio, placido dimenarsi della fantasia in vicoli che le mie mani disegnano sul vento, che ora torna a scompigliarmi la fronte. disseminando le mie stesse orme, traccio i confini d’un intimità che non deve trapelare all’esterno, sciogliendomi nelle catene che mi intrappolano i polsi marchiati. non posso permettermi di abbandonare tutto questo --- la strada si schiude, ed un profumo intenso mi riempie le narici invadendomi perfino le ossa. lei, coronata di fiori schiusi impigliati come un soffio tra i suoi lunghi capelli, sospesa nella vacuità del mio infinito amore, ha radici sacre che si espandono dalla terra fino al cielo, per sfilacciarlo tutto ed andare molto oltre.
i marchi lupini di ricerca (della propria persona) mi risplendono addosso come muti sigilli; appassiti, ma pur sempre contenitori invernali gelidi e consumati di disperazione.
il viso misto a nebbia di lei mi consuma da dentro. e scioccamente mi considero sofferente di ipossia, perché senza di lei mi sembra di non respirare affatto. e l’ossigeno che aspiro non è realmente ossigeno che dona vita, ma furfante dal ghigno vermiglio ghiotto dei miei respiri.
avvicinandomi all’ardore della mia vita, sovrastata da immagini mentali che riducono i miei pensieri ad un barlume fioco di volontà, vedo Conall in un istante scuro di bellezza accanto a me. e tutto s’inchina con rispetto davanti al mio bambino, le cui braccia stese lungo i fianchi ne rivelano la tranquillità, le mani calde e smaniose di stringere le mie.
quando Conall, con un movimento rapido e sinuoso, afferra la mia mano vedo la figura di lei brillare pacificamente e dolorosamente nella mia mente, ricollegandosi ad essa. e le mie mani sono protese verso il suo grembo, madre divina di strade uniche e destinate. Per me, lei è il ribaltamento di tutti i concetti sospesi ancora lì a mezz’aria.
il mio corpo è assetato di riposo, ma queste mie mani hanno la leggerezza di leggiadri arcobaleni che molte primavere han visto alle spalle.
i miei occhi - incerti verso una fiamma di fuoco, pronti a vederla scomparire in scatole per racchiuderla dentro, e scaldarvisi quando fuori il mondo muore di freddo.
lei avanza verso di me-ed io, stanotte, respirerò tonalità cobalto e sognanti, che mi tireranno verso l’inesprimibile.

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